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12/03/2020

“Questo momento così difficile ci chiama alla premura reciproca e al dono per il bene comune, oltre i muri e i falsi confini”

Riflessione di Edoardo Patriarca, past President IID

È possibile nei momenti più difficili della nostra vita, o di crisi come quella che stiamo vivendo, cogliere gli aspetti più personali e comunitari di norma meno indagati e raccontati? Le crisi che attraversiamo ci interpellano e provocano due possibili reazioni. La prima è quella difensiva e di rattrappimento: ci spinge alla passività, alla rassegnazione, a quella sottile forma di egoismo che porta a difendere il proprio spazio, le proprietà, i confini. La seconda, più vicina allo spirito evangelico, accoglie l'emergenza con il “vento in faccia” per contrastarla, andando di bolina per usare il gergo dei velisti, indagandola in tutti i suoi tratti. I provvedimenti del governo nazionale intervengono su due criticità, quella sanitaria ed economica. Non potrebbe essere altrimenti. Ma le crisi portano con sé anche una realtà spirituale che andrebbe colta, una opportunità per riguadagnare quelle dimensioni che abbiamo trascurato o perso del tutto. Proviamo a scoprirne alcune.

Anzitutto il valore delle persone anziane, delle nonne e dei nonni. Sono le persone più fragili, quelle più aggredibili dal coronavirus e dalle malattie infettive. Eppure i nonni e le nonne, con attenzione e premura e nel rispetto delle regole indicate dalle autorità, stanno svolgendo il compito di sempre. La chiusura degli asili nido, delle scuole di ogni ciclo, hanno riproposto all'attenzione dei media il servizio di cura e di presa in carico che essi svolgono nei confronti dei propri nipoti. Perché la vita è più complicata di un decreto: se mamma e papà lavorano entrambi e hanno i bimbi a casa e non hanno alcun servizio al quale appellarsi (salvo andare a caccia di una baby sitter che magari neppure conosci) la risorsa che rimane (se è disponibile), gratuita e a tempo pieno è la rete familiare, i nonni, gli zii. Ne possiamo ricavare un prima riflessione: le reti familiari e amicali vanno curate sempre, si costruiscono con amore e pazienza, sono luoghi nei quali si apprende il dialogo tra le generazioni oggi sempre più rarefatto eppure essenziale per il presente e per costruire un futuro più fraterno. Il guardarsi negli occhi senza un tablet tra le mani, raccontare storie che i nipoti mai hanno ascoltato, il prendersi cura, i gesti di cortesia e di reciprocità, il trapasso di saggezza e di sogni spesso realizzati e che non imparerai mai sui banchi di scuola ma che ti possono essere solo donati e trasmessi da chi la saggezza l'ha nel cuore: perché non provarci? Passata l' emergenza
ne faremo tesoro nelle nostre famiglie? Saremo più attenti e premurosi? Ci prenderemo più tempo per le nostre relazioni?

La seconda riflessione ci spinge a riscoprire la fragilità – oggi quella delle persone più anziane – come costitutiva della vita tutta. Il coronavirus ha mostrato il suo tragico carattere selettivo, colpisce i più fragili e le persone in età avanzata. Ma più di tutto ha isolato migliaia di persone anziane nelle loro case: il sentimento di abbandono colpisce il cuore, fa sentire la propria vita inutile, innesca patologie depressive. Su questo difficile crinale i volontari stanno compiendo un lavoro davvero straordinario rischiando anche la propria salute. La crisi ha posto davanti a noi un aspetto poco indagato della anzianità: non sono sole le malattie che portano alla non autosufficienza, ma la solitudine e l'isolamento sociale che oramai colpisce oltre il 70 per cento delle persone in età avanzata. È un cambio di paradigma che l'emergenza coronavirus ci pone davanti. Occorre investire sulla risorsa anziana modificando la prospettiva, con politiche che sostengano l'invecchiamento attivo nella fase ultima di uscita dal lavoro, sostenendo il volontariato degli anziani (sono più di 1 milione), i centri di aggregazione, il turismo sociale, la formazione permanente.

Terza riflessione. la famiglia da sempre bistrattata, poco riconosciuta, spesso evocata solo nelle sue manifestazioni più problematiche (le violenze familiari, i femminicidi….), oggi è architrave nella gestione dell'emergenza. Se non ci fossero le famiglie, le reti sociali, decreti governativi sarebbero scritti sulla sabbia, non varrebbero nulla. La crisi sanitaria può aiutarci a fare quel salto di qualità nelle politiche di sostegno alle famiglie atteso da anni. Meritano più attenzione, risorse e servizi per la cura dei figli e delle persone anziane: sono 3 milioni i caregiver familiari che attendono ancora una legge nazionale. Ecco, accanto ai sostegni alle imprese doverosi e urgenti, cogliamo l'occasione per iniziare a mettere qualche mattone per una politica familiare finalmente strutturale e non assemblata con bonus occasionali.Le esperienze di smart working messe in cantiere dalle aziende diventino strumento stabile per la conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa. I congedi parentali per la cura dei propri figli, attivati in questo difficile momento, assumano una dimensione finalmente ordinaria e non più emergenziale.

Non da ultimo. Come leggere questo passaggio con gli “occhi di Dio”? Annunciando l'ennesima piaga inviata da un Dio lontano? Personalmente la vivo come una chiamata alla fraternità, alla premura reciproca , al dono del proprio tempo per il bene comune, oltre i muri e i falsi confini. I confini ci sono, sono un bene, ci danno sicurezza, ma sono nati per essere attraversati. Dobbiamo riscoprirci contrabbandieri di speranza e rischiare (ben attrezzati) gli attraversamenti che da sempre donano e generano la buona vita.

 

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